| E' rischioso, ma per attuare il mio piano ho bisogno di essere sicura che tutto sia come l'ho lasciato. Il palazzo di vetro sopra al Pozzo riflette la luce del sole ferendomi gli occhi. Mi alzo, aggrappandomi alla maniglia e mi sporgo dal vagone del treno per guardare fuori, in lontananza intravedo il tetto, sono quasi arrivata. Mi appoggio alla parete di metallo e mi chiudo la zip della giacca Apeiron fino al collo. Non ho buttato via i miei vecchi vestiti quando me ne sono andata, indosso i miei anfibi e Jeans neri che avevo un tempo. Sciolgo la coda di cavallo e mi assicuro che la pistola sia nella sua fodera, poi faccio qualche passo in dietro nel vagone per prendere la rincorsa. Ormai, prepararmi a saltare giù da un treno in corsa non è niente, perchè nelle ultime settimane ho fatto cose più difficili di quelle che la maggior parte della gente in tutta la vita. E tuttavia nessuna è paragonabile a ciò che mi aspetta nella residenza degli Apeiron. Se sopravvivo, sicuramente affronterò prove ancora più argue, tipo la guerra che ci sta minacciando. In cornicione del tetto appare nella mia visuale e io salto. Per una frazione di secondo sono sospesa nell'aria, poi i miei piedi toccano il tetto e faccio qualche passo in corsa per riacquistare l'equilibrio. Mi dirigo verso il cornicione del tetto, guardandomi in torno. Un vento sferzante sale lungo il fianco dell'edificio e mi scompiglia i capelli. Guardo la voragine in mezzo alla piazza, sette piani sotto di me, e chiudo gli occhi mente il vento mi soffia in faccia. Questa è l'entrata secondaria, potrei benissimo entrare da quella principale, ma sarebbe troppo rischioso. Non sono ancora sicura che non riescano a riconoscermi. Salgo sul cornicione. Devo scoprire il mio piano può funzionare o meno. Non l'ho ancora comunicato agli altri, non li ho nemmeno salutati. Cado come un sasso, gli occhi chiusi, un braccio steso per sentire l'aria. Rilasso i muscoli più che posso prima di toccare la rete sul fondo della voragine, inghiottita dal buio. La violenza dell'impatto è forte, ma non insopportabile. Rotolo verso l'esterno, afferro il palo di sostegno e lo scavalco, arrivando sulla piattaforma sottostante. La caverna è vuota e i corridoi si immergono dell'oscurità, è tutto come lo ricordavo. Non ci sono rumori, solo i miei passi sulle mattonelle nere. Le pareti sono di pietra e il soffitto va declinando, come se stesse penetrando nel cuore più profondo della terra. Il tunnel è illuminato da fioche lampade molto distanti tra loro, nelle zone di ombra tra l'una e l'altra è completamente buio.
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